mercoledì 2 marzo 2011

PARTE 2: JOHN&YOKO/Capitolo 1: Unfinished paintings and objects


Yoko Ono incontrò John Lennon per la prima volta il 9 novembre 1966. Lei era un astro minore nel mondo culturale della seconda metà del ventesimo secolo, come la maggior parte degli artisti, entrata a farne parte solo quando i media la considerarono abbastanza interessante.
Lennon, in quanto Beatle, era un’icona di prim’ordine all’interno di un processo grazie al quale la cultura pop aveva assunto un ruolo egemonico nel panorama generale. La successiva relazione tra i due non solo permise a Yoko di essere promossa ad un livello superiore nella cultura mainstream, ma creò anche un precedente al culto post-moderno della celebrità.
Questo permise inoltre alle opere precedenti di Yoko, prima confinate ai loft, alle gallerie e ai concetti del marginale movimento Fluxus, di avere un effetto inatteso sulla cultura generale.
Il loro legame, infine, dette a Yoko la sicurezza di cui aveva bisogno per esaminare a fondo ed affrontare i demoni e le forze che l’avevano oppressa, sia come individuo che come donna asiatica, e l’opportunità di combatterli pubblicamente.
In tutto ciò, però, la relazione tra i due esaurì la vena artistica di Yoko, riducendo costantemente la sua creatività entro i confini limitati della cultura pop.

Quando si incontrarono per  la prima volta, quel giorno di novembre del ’66, la creatività di Yoko era ad uno stadio del tutto concettuale. Stava allestendo una mostra delle sue opere, dal titolo Unfinished paintings and objects, all’Indica Gallery, quando il proprietario della galleria, John Dunbar, arrivò con John Lennon per una visita in anteprima.
Dunbar era solito invitare Lennon e Paul McCartney, suo partner musicale nei Beatles, alle mostre dell’Indica; aveva telefonato a John ed aveva solleticato il suo interesse parlandogli del “Bag Piece” di Yoko, in cui l’artista entrava in un sacco con un amico mentre il pubblico si chiedeva se stessero o meno facendo sesso. Alla mostra John apprezzò la vivace immaginazione e l’estro delle opere di Yoko, ed avrebbe ripetuto più volte nelle interviste quanto apprezzò la positività di “Ceiling Painting (YES Painting)”, in cui i visitatori dovevano salire su una scala per esaminare, con una lente d’ingrandimento, una tela nera incorniciata sul soffitto, scoprendo che il puntino bianco al centro era semplicemente la parola “YES” dipinta.
Quando Dunbar presentò i due John stava osservando il pezzo “Hammer A Nail In”, che invitava lo spettatore a piantare un chiodo con il martello sulla tela, mentre Yoko era ancora intenta a controllare che la mostra fosse pronta per l’apertura al pubblico. Quando John chiese di piantare un chiodo sulla tela, Yoko, che voleva lasciare l’opera intatta per l’apertura ufficiale, gli rispose che gli sarebbe costato cinque scellini. Per fortuna John non portava mai soldi con sé, quindi le pagò cinque scellini immaginari, piantò un chiodo immaginario e la tela rimase intonsa. Ad ogni modo, John sperava ancora di vedere la rappresentazione del sacco e le chiese “Dov’è questo evento?”, Yoko gli mise in mano un biglietto con su scritto “Respira” e lui rispose avvicinandosi e ansimando come un cane. Nonostante Yoko considerasse preoccupante il comportamento esuberante di John, rimase comunque colpita sia dal suo aspetto fisico, sia dalla sua capacità di stare al gioco concettuale.
Uscendo, John passò davanti ad una mela con su scritto 200£, la guardò, la prese in mano e le dette un morso. Istintivamente sul volto di Yoko comparve un’espressione di disapprovazione. John rise stupidamente e rimise la mela al suo posto. Yoko più avanti disse: “La prima cosa che pensai di lui, mentre guardava il dipinto del chiodo e del martello come se fosse la Monna Lisa, fu: “È veramente bello…mi piacerebbe uscirci, fare qualcosa con uno così…ma quando fece quella cosa della mela pensai: …oh beh, lasciamo stare, mi sono sbagliata”.

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