lunedì 21 marzo 2011

JOHN&YOKO/Capitolo 3: Give Peace a Chance

Decisero di trascorrere la luna di miele a letto all’Hilton di Amsterdam per una settimana. L’interesse della stampa per il Bed-in inizialmente fu stuzzicato, come quello di John per l’Indica Gallery, dalla possibilità di assistere dal vivo a del sesso o almeno ad un po’ di nudo scandaloso. Invece ciò che trovarono furono solo due persone che volevano parlare di pace nel mondo, proprio mentre erano in corso due gravi conflitti che avrebbero avuto conseguenze terribili sulla popolazione civile. Uno era la guerra tra Nigeria e Biafra, uno scontro post-coloniale in cui l’interesse britannico era coinvolto implicitamente e che in realtà era un vero e proprio genocidio della popolazione del Biafra. L’altro era la continua escalation delle ostilità statunitensi nel sud-est asiatico, nonostante la sconfitta militare ormai prossima per mano della guerriglia vietnamita.
Per dieci ore al giorno nei 7 giorni seguenti, in un letto matrimoniale, indossando pigiami bianchi, Yoko e John sorpresero e delusero le aspettative dei media promovendo la pace e rispondendo alle domande con paziente humour.
John annunciò: “Vogliamo solo che la gente stia a letto o si lasci crescere i capelli, invece che farsi coinvolgere dalla violenza. I capelli sono belli. I capelli sono pace”. La stampa rispose con i soliti toni scandalistici, con il rifiuto e la derisione, ma oltre a questo iniziava ad emergere, anche se a malincuore, un certo stupore e con esso il riconoscimento del fatto che le intenzioni dell’evento erano serie.
Qualche tempo dopo, John disse che il concetto del Bed-in, con il suo tipico spirito surrealista, era stato un’idea di Yoko e non sua. I biografi di Lennon hanno notato una differenza rilevante tra il suo atteggiamento precedente, più spensierato e tendente all’arroganza e all’aggressività, e il pacifismo successivo al matrimonio con Yoko.
Ad Amburgo, nei confronti dei tedeschi, si era spesso uniformato al solito stereotipo post-bellico xenofobo e populista (lo stesso che ora fomentava l’odio nei confronti di Yoko), ma l’arroganza e l’aggressività di John non erano soltanto un atteggiamento giovanile. Anche se in un’intervista a Melody Maker (“Pop think-in”) nel 1966 Lennon aveva dichiarato: “le scazzottate ormai non sono più all’ordine del giorno come quando avevo diciotto o diciannove anni”, non perse mai la sua reputazione di testa calda tra i colleghi musicisti, specialmente da ubriaco.
Anche May Pang, ricordando affettuosamente la loro relazione negli anni ’70 in Loving John, lascia ad intendere che sia il comportamento violento che l’irrimediabile stereotipo xenofobo erano duri a morire.
Ad ogni modo, le interviste della seconda metà degli anni ’60, dipingono i Beatles, e soprattutto Lennon, nel bel mezzo di un processo di crescita, nel passaggio dalla noncuranza dell’irriverenza alla sincerità della consapevolezza, come reazione agli eventi storici di quel decennio.
In un’intervista del 1965 John disse: “Non credo di pensare troppo al futuro. Non me ne frega proprio niente. Anche se, ora che siamo famosi, sarebbe proprio un peccato essere bombardati. Lo so, è egoista, ma non me ne importa molto dell’umanità”, e Paul aggiunse: “È irritante il fatto che la gente vada in giro a far saltare tutto in aria, ma se dovesse scoppiare una bomba atomica direi: oh, bene. Non ci sarebbe altro da dire, no? La gente è proprio matta. Lo so che la bomba è sbagliata dal punto di vista etico, ma non me ne vado a piagnucolare in giro”.
Ma un anno dopo John sosterrà: “Tutte le nostre canzoni sono contro la guerra”. Alla domanda “Cosa pensate della guerra in Vietnam?” risponderà: “Ci pensiamo ogni giorno. Non ci piace. Non siamo d’accordo. Pensiamo che sia sbagliato. Ma non possiamo farci niente”. Paul dirà: “Chiunque creda che combattere sia sbagliato ha il diritto di non arruolarsi”. Poi, nel giugno 1967, i Beatles fanno uscire “All You Need Is Love”, una canzone che, nonostante un testo vago e retorico, sarebbe stata destinata ad assumere una chiara presa di posizione sociale.
Ma solo con l’inizio della relazione con Yoko, John sarebbe diventato un attivo sostenitore della pace, politicamente intesa come posizione radicale in grado di cambiare la condizione della presente realtà storica.
Yoko, invece, era arrivata all’attivismo attraverso un processo diverso, più interiore. Mentre i suoi lavori precedenti riflettevano un impegno più volto a forme radicali di creatività, le sue opere successive, dopo il ’68, hanno raccolto sempre di più un forte e intimo impegno per la pace; questo è una conseguenza delle sue esperienze personali: quella di bambina che aveva vissuto la guerra in prima persona e di adulta confrontatasi con le battaglie emotive in materia di giustizia sociale in qualità di donna asiatica vittima di razzismo e sessismo.
Il 1968 fece da catalizzatore alle esperienze sia personali che storiche che avrebbero determinato la loro successiva creatività, una miscela di idiosincrasia  e attivismo autobiografici. Nel gennaio 1969, l’FBI rispose a Unfinished Music No.1 (di cui, solo nel New Jersey, furono confiscate 30.000 copie) aprendo un fascicolo su John e Yoko come pericolosi sovversivi.
Dopo Amsterdam, Yoko e John volarono a Vienna per la prima tv di Rape, per la cui conferenza stampa, il 31 marzo, risposero alle domande da dentro un sacco nero. Quando i giornalisti chiesero se la coppia dentro il sacco fossero davvero loro, John rispose cantando “Maggie May”[1], mentre Yoko eseguì alcune canzoni popolari giapponesi, una saggia scelta d’identità personale che si sarebbe poi rivelata una risorsa più esplicita nelle sue future opere.
Di ritorno a Londra, tennero una conferenza stampa a Heathrow, dove presentarono una nuova iniziativa: la campagna “Acorns for Peace”, che consisteva nello spedire cento ghiande a cento leader mondiali perché le piantassero come segno di pace. Al loro ritorno vennero anche a sapere che il magnate televisivo Sir Lew Grade stava per acquisire il 37% dei diritti editoriali dei Beatles. Yoko iniziò ad accompagnare John e Allen Klein ai vari meeting per tentare di stabilire una contro-proposta valida. Fu la sua prima volta nel mondo del music business, nonché l’inizio del processo d’apprendimento di quelle qualità che l’avrebbero resa un’ottima  e professionale donna d’affari negli anni ’70, addirittura in grado di sostituire lo stesso Klein, mentre John avrebbe fatto il casalingo e il “mammo”.
Il 22 aprile John cambiò il suo secondo nome da “Winston” a “Ono” e registrò “The Ballad of John and Yoko”, tra le tre uscite della coppia (tutte incentrate sull’ossessione reciproca e lo sviluppo della loro relazione) sicuramente il pezzo più vicino al pubblico pop. Le altre due uscite erano Unfinished Music No.2 (il cui sottotitolo Life With The Lions, ovvero vita con i leoni, richiamava sia un famoso programma tv che i concetti di coraggio e orgoglio) e The Wedding Album, nello stesso mese. Entrambi gli album erano principalmente la conseguenza delle loro esplorazioni avant-garde, un collage di suoni raccolti per registrare un ritratto astratto del loro rapporto.
A maggio Yoko e John decisero finalmente di mettere radici e comprarono Tittenhurst Park, una villa in stile georgiano circondata da 30 ettari di terra, vicino ad Ascot. Poi partirono per l’America alla volta di un altro Bed-in per la pace. Ricevettero però il divieto di entrare negli U.S.A. a causa dell’arresto per droga di John e, dopo aver tentato la via delle Bahamas, alla fine ottennero l’ingresso in Canada, e tennero un Bed-in di dieci giorni a Montreal che gli fruttò un contatto più diretto con la stampa statunitense e la New Left americana, compresi alcuni studenti che protestavano contro la costruzione della Berkeley University nel People’s Park di San Francisco. Il Bed-in offrì anche l’occasione per registrare il loro primo singolo. Il primo giugno, nella loro stanza al Queen Elizabeth Hotel, con un cast di icone della contro-cultura che cantavano il ritornello, registrarono la canzone “Give Peace A Chance”. Fu un uso consapevole della loro popolarità per rilasciare una chiara dichiarazione politica. Anche se la firma della canzone sarebbe stata Lennon-McCartney, la performance fu poi accreditata alla Plastic Ono Band.
Al loro ritorno in Inghilterra, il 14 giugno, John e Yoko furono nuovamente intervistati da David Frost per un programma che sarebbe andato in onda negli Stati Uniti. Dopo una frivola discussione iniziale sul bagism, Frost fece loro qualche domanda a proposito dei recenti Bed-in e John rispose che il loro scopo era quello di “pubblicizzare” la pace: “Stiamo cercando di vendere la pace, sai, un po’ come un prodotto, come un sapone o una bibita, così (…) La gente semplicemente le accetta [la guerra e la violenza], oh se lo hanno fatto, lo ha fatto Harold Wilson così come Nixon, cercano sempre di trovare il capro espiatorio nella gente. E non è colpa di Nixon, siamo tutti responsabili per quello che succede, sai, siamo tutti responsabili per il Biafra, per Hitler e tutto il resto. Quindi diciamo soltanto: VENDETE LA PACE, chiunque sia interessato alla pace la metta in vetrina, è semplice, ma è un modo per far capire agli altri che anche tu vuoi la pace, perché ti senti solo se sei l’unico che pensa: non sarebbe bello se ci fosse la pace e nessuno venisse ucciso? Quindi pubblicizzate il vostro credo nella pace”.



[1] Canzone popolare che parla di una prostituta, inserita nell’album Let It Be (N.d.T.)

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