venerdì 25 febbraio 2011

Capitolo 6 - In visita (seconda parte)


 (...)
In un tale “Laboratorio Artistico” Russel Hunter, batterista dei The Social Deviants, notò “questa giapponese intensa e prepotente che correva qua e là, dando ordini alla gente, mentre Chris Rowley se ne stava seduto in un angolo con una teiera, una tazza, una sedia e forse anche un cuscino. Aveva questo coltello e stava dividendo tutto a metà. Yoko stava allestendo una delle sue mostre e lui doveva dividere a metà tutti questi incredibili oggetti casalinghi: mezzo tavolo con mezzo sevizio da tè, e così via. Lui tagliava tutto e lei era incredibilmente arrogante. È difficile fare a metà un cuscino. Continuava a sfilacciasi e lei era davvero contrariata”[1].
Rowley, altro affiliato della stampa underground, aveva anche il compito di dipingere di nero o bianco alcuni oggetti. In particolare ricorda “vasi neri nei quali lei metteva dei messaggi per la gente, tipo “Buona giornata”. Pagò duecento sterline per quei vasi. Aveva anche un martello di vetro”[2].
Dato che questi oggetti non facevano gola a nessuno tranne qualche tizio dotato più di soldi che di sale in zucca, Ono e Cox risparmiarono per settimane con una dieta invariata di cibo-spazzatura o riso integrale e verdure che costava mezza corona (2,5 scellini) al ristorante macrobiotico di Notting Hill Gate, popolato da una fauna che attirava frequentemente i poliziotti di Scotland Yard con i cani antidroga, costringendo i proprietari a chiedere la firma degli ospiti su una dichiarazione secondo cui non erano in possesso di droghe che contravvenissero l’articolo 42 del Dangerous Drugs Act del 1966.
Yoko conosceva bene la marijuana e le anfetamine e stava cominciando a rendersi conto che le percezioni date dall’LSD variavano da viaggio a viaggio. Di solito era un’esperienza stimolante, che precipitasse nella frenesia più insensata, emergesse da un ginepraio dell’orrore, uscisse da un sogno di estrema spiritualità o ascendesse ad inimmaginabili vette di creatività.
Anche se piena di visioni dell’eterno chimicamente indotte, Yoko era abbastanza responsabile da non portarle a casa, almeno finché Kyoko era sveglia. Come accadeva a New York, di solito era Tony, e non la sua impegnatissima moglie, a nutrire e prendersi cura di una bambina che secondo molti ospiti sembrava avere un disperato bisogno d’affetto e attenzioni. Gene Mahon ricorda: “andai là una sera e Kyoko mi si avvinghiò perché parlassi un po’ con lei. Non voleva lasciarmi andare. Era una bimba triste, non sapevo come comportarmi”[3].
I genitori di Kyoko le garantivano la sopravvivenza scrivendo articoli per Arts And Artists e IT. Inoltre Yoko teneva un corso (simile a quello di John Cage alla New School For Social Research) presso la Anti-Univeristy, una scuola “alternativa” a Shoreditch, finanziata da una fondazione per la pace fondata da Bertrand Russell, filosofo e promotore di campagne contro il nucleare. Gli studenti la adoravano per il suo gergo da musicista, il suo forte accento giapponese con qualche inflessione newyorkese e, soprattutto, la sua passione per la materia.
Tuttavia, anche se una voce ben nascosta nella contabilità artistica di Yoko, si trattava probabilmente di qualcosa di più di un’incursione per massimizzare la sua esposizione pubblica come potenziale candidata delle classifiche alla stregua di Marianne Faithful.
Nastri di prova (probabilmente registrati su bobine domestiche nell’angolo con l’acustica migliore dell’Hanover Gate Mansions) di quelle che potrebbero essere descritte come classiche canzoni pop fatte di strofe e ritornelli furono inviati alla Island, un’etichetta indipendente alla ricerca di materiale “etnico” interessante.
Ciò che gli addetti agli artisti e repertori della Island abbiano fatto di quello sforzo non è dato sapere, ma la fama fulminea da Top 20 non era un’idea così azzardata in un periodo in cui venivano offerti contratti musicali a gente del calibro dell’ineffabile Tiny Tim (tutto falsetti evirati ed eccentricità con occhi da cerbiatto), Moondog e Wild Man Fisher (un cantante di strada rauco e psicotico di Los Angeles).
Nei mesi che ruotavano intorno all’Estate dell’Amore del 1967, l’offerta di sesso e spinelli erano diventati gesti di amicizia dallo spirito libero, mentre gli effetti psicotropi dell’LSD (che presto sarebbe diventata illegale) pervadevano il Fillmore East a New York, il Paradiso ad Amsterdam ed il Middle Earth a Londra, dove “sbandati” con gli occhi a girandola si rotolavano avvolti da luci stroboscopiche, fumi di incenso ed altri ausili audiovisivi che erano parte integrante dell’esperienza psichedelica simulata.
Tutto ciò fu superato da eventi più importanti come l’inaugurazione di IT al Roundhouse ed un altro gala di beneficenza, il Fourteen Hour Technicolor Dream del 29 aprile 1967 all’Alexandra Palace. Son et lumière venivano proiettati sulle cavernose pareti e sui palchi le band (ormai non più gruppi) suonavano senza mai fermarsi. Uno dopo l’altro si alternarono su dei palchi posti agli estremi dell’enorme sala espositiva: The Pink Floyd, The Move, Tomorrow, John’s Children, The Flies (che, si dice, urinarono sulla prima fila), The Soft Machine, e praticamente chiunque altro, per intrattenere hippy in trance e altri beatnik al passo coi tempi, con le gambe accavallate o impegnati nel “ballo dell’imbecille”.
I visitatori erano anche deliziati dallo spettacolo di una modella, stesa da un narcotico a caso, seduta su una scalinata con un enorme faro che la illuminava. In una rivisitazione di “Cut Piece”, era stato dato un paio i forbici dotate di microfono a ciascun membro del pubblico, che si dirigeva verso l’onnipresente Yoko per tagliare via i suoi vestiti.
“Spesso si manifestava una certa violenza nei confronti di Yoko quando eseguiva queste performance” rimugina Keith Rowe degli AMM (un gruppo che aveva più a che fare con John Cage che con i The Move), “ l’ho trovato piuttosto spiacevole, un’emozione forte. La violenza contro di lei era quasi incontrollata. Aveva contro il razzismo ed il sessismo. Anche oggi probabilmente sarebbe illegale salire su un palco e spogliare qualcuno, ma con un paio di forbici amplificate era concesso”[4].
Non tutti sono stati colpiti dal talento di Yoko o dal suo coraggio nel rimanere fedele al proprio personaggio sul palco. John Hopkins, un altro amico di IT, ha commentato con una smorfia: “Gli happening di Yoko Ono erano noiosi, lei è l’artista più noiosa che abbia mai incontrato”[5].
Tanto per citare una delle massime fai-da-te di Picasso “Non importa cosa dicono, purché parlino di te”[6].
Certamente c’era stato un gran parlare di Yoko da quando era arrivata a Londra ed il dibattito sulla sua influenza in quel periodo resta aperto ancora oggi.
Era una Tracey Emin du jour o era l’equivalente artistico di ciò che fu Screaming Lord Sutch[7] per la politica britannica? Questi pensieri furono assimilati durante una spedizione nel 1967 al Bluecoat Chambers di Liverpool dove il pubblico, estraneo al sangue freddo della capitale, si mise a raccogliere i pezzi di un vaso che lei aveva appena rotto. Inoltre spazzò il palco, masticò un sandwich ed invitò i presenti a saltare dalle scale. A Spencer Leigh (ancora ignaro del suo futuro di presentatore alla BBC Radio Merseyside) fu chiesto di bendare completamente Yoko, ma, quando fu del tutto avvolta dalle bende John Gorman, della band multimediale Scaffold urlò: “Ti vogliono al telefono!” e tutti si misero a ridere.
Però all’Indica, nel novembre precedente, nessuno trovò nulla da ridire, ad esempio, su una scacchiera completamente bianca, una mela prezzata 200£ ed altri bizzarri oggetti appartenenti a “Unfinished Paintings and Objects” di Yoko Ono, che, all’anteprima aveva catturato l’attenzione di un babbeo col portafoglio gonfio di soldi.


[1] Days In The Life: Voices From The English Underground 1961-71, Jonathon Green (Heinemann, 1988).
[2] Days In The Life: Voices From The English Underground 1961-71, Jonathon Green (Heinemann, 1988).
[3] Days In The Life: Voices From The English Underground 1961-71, Jonathon Green (Heinemann, 1988).
[4] Lost In The Woods, Syd Barrett And The Pink Floyd, J. Palacios (Boxtree, 1998)
[5] Lost In The Woods, Syd Barrett And The Pink Floyd, J. Palacios (Boxtree, 1998)
[6] Playpower, R. Neville (Jonathan Cape, 1970).
[7] Musicista ed aspirante politico inglese (1940-1999), fondatore del partito “Official Monster Raving Loony Party” (Partito ufficiale dei mostri deliranti pazzi). (N.d.T.)

Nessun commento:

Posta un commento